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Letterari, cinematografici o di qualsiasi altro genere si parli,i concorsi sono sempre stati sfruttati (principalmente) per due motivi: farsi conoscere ed indicare che il proprio lavoro è di qualità.
Chiedete a chiunque. Se affermate che un determinato libro ha vinto il premio “Strega” o che un determinato film è stato (anche solo) nominato come possibile vincitore di un “Leone d’oro” ( o di un Oscar) l’idea che molti si fanno è che sia un buon prodotto. Vincere un concorso è come avere un marchio di qualità. Più vale il concorso e più vale il prodotto che ha vinto.
E’ innegabile che un concorso (sopratutto se importante) abbia dei requisiti di selezione che creano l’idea che chi va avanti abbia un determinato valore, ma spesso intervengono alcuni fattori che inficiano questo modo di pensare:
1)La composizione della giuria.
Non voglio sindacare sull’esperienza di una determinata giuria di un determinato concorso, ma dovete ammettere che ognuno ha i suoi gusti e le sue idee. Allo stesso modo i gusti e le idee di determinati giurati potrebbero influenzare l’esito di alcuni concorsi;
2)Fattori secondari.
Il libro (ad esempio) è buono, merita, ma l’elemento che lo porta avanti fino alla vittoria (od ad una buona classificazione) non è il prodotto in sè ma il fatto che parli di un determinato argomenti in voga, oppure perchè scritto da Tal dei Tali o per altre caratteristiche che, con il valore dell’opere, non c’entrano niente.
E’ un discorso che vale in qualsiasi situazione in cui si valuta la bontà di qualcosa. Ogni libro di Stephen King sarà un successo, ogni storia che parla della Chiesa e dei suoi segreti sarà chiacchierata;
3)Fatti apposta.
Esistono due tipi di opere “fatte apposta”. La prima è quel tipo di opera che è studiata e contiene tutti i “fattori secondari” che l’autore è riuscito ad inserire ed alcune volte segue anche i gusti della giuria (che sia fortuna o lavoro di attenta ricerca è da vedere caso per caso). Il libro vale, certo, ma di certo non è quello che ti aspetteresti acquistando una storia blasonata con “ha vinto il premio X”.
La seconda tipologia è più involontaria. Semplicemente è il format del concorso che non va bene. Quanti concorsi esistono che richiedono un numero di caratteri troppo esigui, o altri limiti castranti, per fare uscire qualcosa di veramente apprezzabile. Il talento dell’autore può emergere, certo, ma la qualità del suo lavoro è valutate basandosi sui limiti imposti e spesso ciò che ne esce risulta forzato. Non è poi così facile dare dei pali alla creatività.
Ci sarebbe un quarto punto (mazzette e vie preferenziali) ma preferisco non citarlo. Per quanto sia realistico pensar male (in alcuni contesti) mettere in ballo questo quarto punto sarebbe alla stregua di minare le fondamenta di un bel palazzo.
Prima di dare le vostre opinioni, devo precisare una cosa: questo “discorso” non è per affermare che sono contro i concorsi. Sono un ottimo strumento per mettersi in gioco e per ricevere visibilità. Ma sono, poi, sempre così affidabili? avete avuto esperienze di delusioni legate a questo argomento?
danieledelcasino ha detto:
di certo sono un’occasione di visibilità
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Daniele Conventi ha detto:
Quello è certo. A prescindere da tutto, più arrivi in alto in posizione,e più visibilità acquisisci.
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newwhitebear ha detto:
Non ho mai creduto che i premi letterari abbiano premiato il meglio. Se scorriamo quelli italiani o anche quelli stranieri, possiamo osservare come molti autori siano stati delle autentiche meteore e i loro romanzi dei flop colossali. Poi ovviamente in mezzo c’è ance del buono. Chi governa i premi sono le case editrici maggiori, provare per credere. Questo per quelli più importanti, ovvero quelli che hanno risonanza mediatica. Poi ci sono la pletora di quelli minori e qui si premai solo la vanità personale.
Naturalmente come in tutte le regole ci sono le eccezioni.
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Daniele Conventi ha detto:
Spesso, in effetti, i buoni libri ricevono premi quando ormai tutti sanno che sono buoni libri. Un po’ come le lauree ad honorem
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newwhitebear ha detto:
Più o meno. Certamente è gratificante per l’autore ricevere il premio di Roccacannuccia. Per il resto conta poco.
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